Categoria: Sviluppo dei bambini

  • Il periodo sensitivo dell’Esplorazione Sensoriale

    Il periodo sensitivo dell’Esplorazione Sensoriale

    L’esplorazione sensoriale, assieme al linguaggio, l’ordine, il movimento e gli oggetti piccoli, sono chiamati da Maria Montessori i periodi sensitivi. Si tratta di tendenze che si verificano esclusivamente nel primo piano di sviluppo, che va dalla nascita fino a circa 6 anni. In questo arco di tempo, i bambini sperimentano un’esplosione in determinate aree dello sviluppo e manifestano, di conseguenza, un forte interesse e determinazione verso alcune attività e pratiche. 

    In questo articolo parliamo di esplorazione sensoriale, 

    Quando inizia il periodo sensitivo per l’esplorazione sensoriale

    Il periodo sensitivo per la percezione sensoriale inizia già dalla nascita e prosegue fino a circa 4,5 anni. Guidati dalla curiosità e dal forte desiderio di esplorazione, i bambini già da piccolissimi scoprono il mondo attraverso le mani e soprattutto la bocca. Ancora nel ventre della mamma, i bambini iniziano a mettere le mani nella bocca e a percepire l’ambiente che li  circonda attraverso i sensi. Con il passare del tempo la bocca passa in secondo piano, mentre le mani rimangono un veicolo essenziale di esplorazione. 

    Cosa imparano i bambini attraverso gli stimoli sensoriali

    Diversi studi dimostrano come i sensi siano collegati e il lavoro fatto da ognuno separatamente, vada ad influenzare lo sviluppo degli altri. Tutte le esperienze raccolte durante i primi tre anni sono immagazzinate e, attraverso esperienze ripetute, contribuiscono alla costruzione di strutture mentali, che vengono poi organizzate e classificate durante la fase successiva, dai 3 ai 6 anni e diventano la base del pensiero logico. Per saperne di più sulla mente dei bambini, leggi questo articolo

    l'esplorazione sensoriale

    come supportare i bambini nell’esplorazione sensoriale

    Il più delle volte, basta seguire la naturale inclinazione dei bambini, perchè il loro istinto li porta a scoprire il mondo con il proprio corpo. Che sia il bambino di 6 mesi che inizia a portare gli oggetti alla bocca oppure quello di due anni che trova ogni scusa per giocare con l’acqua, i sensi rimangono il canale privilegiato di esplorazione. Nei prossimi due paragrafi, vi racconto come stimolare i sensi dei bambini in classe e a casa. 

    in classe

    Le aule Montessori supportano questo aspetto dello sviluppo dei bambini, fornendo un ambiente sensorialmente ricco e un’intera sezione del curriculum all’educazione sensoriale. Per massimizzare l’effetto e favorire la concentrazione dei bambini, il senso su cui si sta lavorando, viene di solito isolato. Ad esempio, la torre rosa, un materiale pensato per imparare a discriminare le dimensioni. Per questo motivo, ogni cubo è dello stesso colore, in modo che l’attenzione vada tutta sulla dimensione, piuttosto che sui colori. Le attività a disposizione, sono pensate per supportare tutti i sensi che abbiamo a disposizione attraverso l’interazione diretta. 

    a casa

    Non c’è bisogno di un’aula Montessoriana per supportare l’esplorazione sensoriale. I bambini assorbono naturalmente le impressioni che li circondano, ma possiamo anche supportare questa fase assecondando il loro istinto e facendo delle scelte consapevoli. 

    • Nel primo anno, come abbiamo detto, la bocca è un veicolo essenziale di esplorazione. Diamo la possibilità ai bambini di esplorare diversi oggetti in maniera sicura, magari anche creando un cestino dei tesori.
    • Fin dall’inizio dello svezzamento, diamo la possibilità di sperimentare diverse texture, colori, sapori e odori. Attiriamo la loro attenzione descrivendo quello che i nostri sensi stanno percependo, aiutandoli così ad apprezzare e sviluppando anche un vocabolario ricco. 
    • Creiamo tante occasioni di esplorare il mondo naturale. La natura offre mille occasioni per stimolare i sensi, dall’ascoltare i suoni del bosco, i profumi, osservare i fiori e le piante, toccare la terra ed esplorare non solo con le mani ma con tutto il corpo, quando possibile. 
    • Nei primi anni è infine particolarmente importante limitare il tempo passato davanti agli schermi, in modo che i bambini non perdano le opportunità sensoriali che li circondano. 
  • Esplorazione e movimento: perché i bambini non stanno mai fermi

    Esplorazione e movimento: perché i bambini non stanno mai fermi

    Non c’è dubbio che una delle caratteristiche più evidenti dei bambini è che sono costantemente in movimento. Soprattutto per i più piccoli, tra i due e i tre anni, il modo preferito di muoversi da un punto all’altro, è la corsa piuttosto che la camminata. Purtroppo, il mondo che li circonda, a misura di bambino proprio non è, e troppo spesso impone aspettative sui bambini senza considerare minimamente se siano appropriate oppure no. Di conseguenza, i bambini vengono sgridati per le ragioni sbagliate e per comportamenti che proprio non possono evitare. Infatti, se i bambini non stanno mai fermi, è perché non solo non possono farne a meno, ma perché il movimento è necessario per il loro sviluppo. Scopriamo per quale motivo.

     

    i bambini non stanno mai fermi: perchè?

    Il collegamento tra muscoli, cervello e apprendimento è stato osservato molto tempo fa da Maria Montessori, ma è stato anche dimostrato da studi recenti delle neuroscienze. Mentre il corpo si impegna e matura attraverso il movimento fisico, il cervello costruisce quelle che saranno le basi fondamentali dell’apprendimento futuro, del benessere e della salute fisica e mentale. Fortunatamente, quando i bambini sono inseriti in un ambiente che favorisce il loro sviluppo e se godono delle giuste opportunità, sono naturalmente spinti a cercare e creare le esperienze di cui hanno bisogno e che supportano il loro particolare stadio di sviluppo. Il nostro contributo di adulti è di creare quante più occasioni possibili e svariate di movimento che dia la possibilità di sperimentare con il proprio corpo.

    stimolare tutti i sensi

    Nei primi anni le esperienze motorie e sensoriali guidano i bambini nella comprensione del mondo circostante e di se stessi. Le informazioni provenienti dall’ambiente circostante vengono raccolte non solo attraverso i 5 sensi tradizionali ma anche attraverso due sensi supplementari che vengono spesso ignorati, ovvero il senso di posizione delle nostre parti del corpo in relazione tra loro (propriocezione) e il senso del movimento in relazione con terra (senso vestibolare). Con basi scarse per la propriocezione un bambino potrebbe avere difficoltà a coordinare i proprio movimenti e sentirsi a disagio nella propria “pelle” o avere necessità continua di divincolarsi per ottenere una migliore percezione di se stesso. Un senso vestibolare sottosviluppato potrebbe invece essere causa di scarso equilibrio e avversione per il movimento. Non è difficile comprendere ed immaginare quanto queste condizioni possano influenzare lo sviluppo e la stabilità emotiva.

    il gioco all’aperto

    Uno dei modi migliori per soddisfare il bisogno di movimento è passare del tempo all’aria aperta, soprattutto se gli spazi a casa sono limitati. Sempre di più i bambini passano la maggior parte del loro tempo tra le mura domestiche e scolastiche e la possibilità di esplorare la natura è ridotta al minimo, sostituita dall’accesso a parchi che sono preparati artificialmente. Ogni famiglia conosce le proprie possibilità e non sempre l’accesso alla natura è immediato o semplice. Detto questo, sapendo quanto sia importante per i bambini giocare all’aria aperta ed entrare in contatto con gli elementi naturali quali la terra, l’acqua, il vento, l’erba e così via, vi invito a riflettere a come potreste incorporare del tempo passato all’aperto e offrire la possibilità di arrampicarsi, stare in alto e correre. La natura non solo offre infinite possibilità di movimento ma anche di esplorazione.

    children never stop moving

    il rischio calcolato

    Con il termine risky-play, gioco rischioso, si fa riferimento ad una tipologia di gioco naturalmente sperimentata dai bambini, che include la ricerca di grandi altezze, la velocità, l’uso di utensili pericolosi, il nascondersi e il cosiddetto “rough and tumble play”. Questa tipologia di gioco ha un ruolo fondamentale nello sviluppo, perché aiuta i bambini ad imparare a valutare il rischio in autonomia, sviluppare sicurezza nelle proprie capacità, consapevolezza del proprio corpo e nei propri limiti e desiderio di superarli. Questo ha, di riflesso, un impatto positivo sul benessere emotivo, la resilienza, la volontà di provare e riprovare e perfino sulla capacità di risolvere i conflitti e trovare soluzioni.

    Supportare il gioco “pericoloso” non significa lasciare i bambini senza supervisione o lasciargli fare quello che vogliono, ma piuttosto dargli la possibilità di sperimentare, di prendere qualche rischio ed essere presenti per suggerire cosa fare.

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  • Smettila di piangere! Perché le emozioni dei bambini non vanno represse

    Smettila di piangere! Perché le emozioni dei bambini non vanno represse

    Quanto volte ci siamo ritrovati a cercare di consolare un bambino in lacrime? Che si tratti di una caduta, un gioco rotto, un dolce negato o qualsiasi altro motivo che porti alle lacrime, le emozioni dei bambini spesso esplodono con grande intensità, lasciandoci in dubbio su come reagire. Il nostro istinto, ci porta a voler intervenire per far passare il loro dolore e farli sentire meglio il prima possibile. Se, da un lato, è normale intervenire per consolare i nostri bimbi in difficoltà, è importante riflettere sul modo in cui interagiamo, le nostre motivazioni reali e il linguaggio che utilizziamo. Consolare è una cosa, cercare, anche in maniera inconsapevole di reprimere le loro emozioni, è cosa ben diversa

    In questo articolo riflettiamo insieme su: 

    1. Le frasi più comuni che utilizziamo quando un bambino piange e il loro reale significato
    2. Alcune frasi alternative che offrono supporto senza reprimere le emozioni che i bambini che provano

    Le frasi più comuni e il loro significato

    Il linguaggio e le parole che utilizziamo sono un mezzo potentissimo, eppure, senza nemmeno rendercene conto, utilizziamo spesso frasi che non ci appartengono e che ripetiamo solo per abitudine. E’ questo il caso dell’interazione con i bambini, che è spesso guidata da una forte dose di emotività e influenzata dal tipo di comunicazione che i nostri adulti importanti hanno utilizzato con noi quando eravamo bambini. Come ho già ripetuto diverse volte, l’approccio parentale Montessoriano, richiede una forte dose di umiltà, auto critica e capacità di riflessione da parte dell’adulto, a cominciare dalle parole scelte per comunicare con i bambini. Ricordiamo infatti, che nei primi sei anni i bambini assorbono senza filtro il mondo che li circonda, e le parole che utilizziamo vanno a diventare parte del loro essere. 

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    Vediamo quali sono le frasi spesso utilizzate per gestire le emozioni dei bambini e il loro significato. 

    Su, su non è niente

    Una degli approcci più comuni usati dagli adulti, soprattutto quando un bambino si è fatto male, è di dirgli che non è successo nulla di grave e non ha motivo di piangere. Anche se l’intento è positivo, ovvero di calmare le emozioni che stanno provando in quel momento, in realtà si finisce per passare un messaggio molto diverso. “Non è niente” significa letteralmente “Stai piangendo per nessuna ragione”.

    Pensiamoci bene, e ribaltiamo la situazione come se la conversazione stesse avvenendo tra due adulti. Siamo appena stati lasciati dal nostro partner e un amico cerca di consolarci dicendoci che non abbiamo motivo di piangere e che è tutto a posto. Vi farebbe piacere? Vi sarebbe d’aiuto? Anche quando la ragione del loro pianto è per noi non valida, è evidentemente sufficiente per loro e hanno diritto di lasciare andare quello che sentono. 

    Smettila di piangere

    Riflettiamo un momento: per quale motivo davanti ad uno scoppio di emozioni reagiamo cercando di domarle e farle spegnere il prima possibile? Dietro al nostro “Smettila di piangere” si nasconde spesso una sensazione di disagio davanti ad espressioni intense di emozioni. Questa reazione istintiva il più delle volte si collega alla nostra infanzia e alle reazioni di fastidio o imbarazzo che gli adulti importanti hanno avuto nei nostri confronti. In qualche modo, ci è stato insegnato che esprimere ciò che proviamo, è sbagliato. Allo stesso modo, ora che tocca a noi, ripetiamo lo stesso comportamento perché è l’unico che abbiamo imparato. 

    Se vogliamo crescere una generazione di adulti che non ha vergogna nel farsi vedere vulnerabili, dobbiamo smettere di dire ai bambini di non piangere e lasciarli liberi di esprimersi nel modo in cui hanno bisogno. 

    calmati

    Avevo la pessima abitudine di dire al mio compagno “Calmati” quando si arrabbiava per qualche motivo, ma ho smesso velocemente quando mi sono resa conto di quanto lo facesse infuriare. Se c’è, infatti una frase che non aiuta a calmarsi, è proprio questa. Il motivo per cui non è per niente utile, è che si tratta di un tentativo non tanto velato di controllare le emozione che l’altro sta provando. E la maggior parte di noi non ama sentirsi controllati o essere detti come dobbiamo sentirci. 

    children's emotions

    Cosa dire e come comportarsi

    Siamo quindi arrivati alla parte finale, in cui riflettiamo insieme sul come possiamo comportarci davanti al pianto dei nostri bambini. Prima ancora di interagire verbalmente, ricordati che le emozioni che il tuo bambino sta provando, sono esclusivamente sue e non tue. Sembra scontato, ma è facile farsi trascinare dalla tempesta e perdere noi la calma, proprio quando ne hanno più bisogno. Quindi ricorda, ripetilo come un mantra “La crisi è sua, non mia“. Fai un respiro profondo e, se puoi, cerca di non farti investire dal vulcano in eruzione che hai davanti. Ecco alcuni modi per approcciare queste situazioni senza reprimere ciò che stanno provando.

    Mostrare empatia

    Io credo che con adulti e bambini, l’empatia sia uno degli approcci più efficaci. Mostrare empatia nei loro confronti significa riconoscere quello che stanno provando e dargli un nome, per esempio dicendo “Sembri davvero arrabbiato” “Ti sei spaventato?”. Questo non solo li fa sentire ascoltati e capiti, ma li aiuta a comprendere le sensazioni che stanno provando. Nel lungo termine questo passaggio è fondamentale nel processo che porta ognuno di noi a gestire le nostre emozioni. 

    Rimanere neutrali

    Un altro modo di interagire è descrivere semplicemente quanto accaduto, per esempio dicendo “Sei caduto e ti sei fatto male” oppure “Volevi restare al parco e sei molto deluso”. Anche questo approccio li fa sentire ascoltati, dimostrando che l’adulto comprende quello che sta accadendo. Come già anticipato, ci permette anche di dare un nome all’emozione che stanno provando, gettando le basi per una sana competenza emotiva.

    Trovare una soluzione

    L’ultima cosa che possiamo fare è aiutare il bambino a trovare una soluzione. Per esempio, se è caduto, potremmo chiedergli: “Cosa posso fare per farti sentire meglio? Vuoi un abbraccio?” Oppure, se il problema è un momento di frustrazione perchè non riesce a fare qualcosa, potremmo riconoscere la difficoltà e cercare di semplificare leggermente l’azione. As esempio, se non riesce a mettere le scarpe, potremmo tenerle aperte e ferme mentre lui-lei le indossa. Spostare la sua attenzione sulla soluzione aiuta il bambino a capire che possiamo provare tutte le emozioni del mondo e, allo stesso tempo, trovare un modo di risolvere quello che sta accadendo. 

    In conclusione

    Infine ricordiamoci che non è il nostro compito di adulti risolvere tutti i problemi dei bambini. Possiamo offrire la nostra presenza, ascoltarli, consolarli, abbracciarli e aiutarli ad imparare a gestire le emozioni in maniera salutare. Le emozioni non sono né positive né negative, e sono inevitabili. La nostra reazione invece, può essere piano piano controllata. Tutti ci arrabbiamo, ma non tutti lanciamo gli oggetti per la casa o alziamo la voce con chi ci sta vicino. Tutti piangiamo, ma quando le lacrime sono finite, possiamo affrontare la situazione con mente lucida. Con qualche minima attenzione al linguaggio che utilizziamo, possiamo guidare i bambini nel navigare le loro emozioni e aiutarli a reagire in maniera sana ad ogni situazione.

  • Combattere gli stereotipi di genere nell’infanzia

    Combattere gli stereotipi di genere nell’infanzia

    “Gli stereotipi di genere consistono nella pratica di attribuire a una donna o uomo attributi, caratteristiche o ruoli specifici in ragione solo della loro appartenenza al gruppo sociale di donne o uomini”.

    Gli stereotipi sono caratteristiche imposte a un gruppo di persone a causa della loro nazionalità, razza o genere. Sono comuni e presenti ovunque nella società e responsabili della creazione di una cultura del pregiudizio e della disuguaglianza. Non è mai troppo presto per promuovere l’uguaglianza, combattere gli stereotipi e la discriminazione tra i bambini. Noi adulti abbiamo infatti la responsabilità di crescere bambini che si sentano liberi di essere se stessi e capaci di gioire davanti alla diversità del mondo.

    alcune definizioni

    Ancora prima di affrontare questi argomenti con i bambini, è importante familiarizzare noi stessi con la terminologia corretta e avere abbastanza conoscenze da sentirci a nostro agio. Partiamo dal termine “genere” che riunisce in sè tre nozioni: l’etichetta assegnata alla nascita in base a tratti fisici, l’identità di genere (il genere a cui noi sentiamo di appartenere) e l’espressione di genere (il modo in cui mostriamo la nostra identità al mondo). Questi tre aspetti del genere, che non necessariamente combaciano, sono influenzati moltissimo dalle cosiddette “norme di genere che assimiliamo dalla società. Si tratta di un insieme di regole che definiscono il comportamento maschile e femminile considerato accettabile. Man mano che le assorbiamo e interiorizziamo, vanno a formare la nostra idea di mascolinità e femminilità. Questo processo di apprendimento del genere e costruzione della identità hanno inizio fino dalla nascita e, per questo motivo, non è mai troppo presto per affrontare la discussione con i bambini. 

    sterotipi di genere nell’infanzia

    Per capire come questo argomento influenzi la vita dei bambini è sufficiente entrare in un negozio. La maggior parte dei vestiti, del materiale scolastico e dei giocattoli segue e rinforza gli stereotipi classici che fanno riferimento alla visione binaria di maschio e femmina i colori, la scelta dei contenuti, le decorazioni, ecc.. I bambini sono poi continuamente esposti a spot televisivi che rafforzano gli stereotipi di genere presentando bambine per prodotti di moda e gioielli. Allo stesso modo, film, cartoni animati e la loro merce influenzano il loro modo di giocare spingendo le ragazze verso il ruolo della principessa e i ragazzi verso i supereroi. Inoltre, molti stereotipi di genere avvengono senza che ce ne accorgiamo. Ad esempio, i genitori potrebbero mostrare un modello di ruolo limitante quando solo uno di loro si occupa delle faccende domestiche o si prende cura dei bambini. Infine, a scuola, gli insegnanti potrebbero inavvertitamente elogiare le ragazze per il loro aspetto fisico e i ragazzi per la loro forza.

    stereotipi di genere

    quale è il problema

    Abbiamo visto come la vita dei bambini sia piena di stereotipi di genere. Perché questo è un problema? Abbiamo stabilito innanzitutto come gli stereotipi guidino le nostre aspettative su ciò che consideriamo accettabile per donne e uomini. Incorporati nel nostro modo di pensare, influenzano l’interazione con gli altri e possono limitare le scelte di vita dei bambini. Gli effetti a breve termine sono spesso visibili nelle loro scelte nel gioco o nella loro interazione con gli altri. Nel lungo termine, gli effetti sono ancora più preoccupanti e possono arrivare ad influenzare perfino le scelte di carriera, la fiducia, il benessere e il perpetuarsi della disuguaglianza di genere. Mentre le donne non prendono in considerazione carriere scientifiche o tecniche, gli uomini si trovano incapaci di affrontare le proprie emozioni e di chiedere aiuto. Laddove i maschi crescono esposti alla violenza, le femmine pensano di aver bisogno di qualcuno che si prenda cura di loro. In un modo o nell’altro, gli stereotipi influenzano le loro scelte, limitano le possibilità e rischiano di incastrare le persone in ruoli che non corrispondono alla loro reale identità e desideri. 

    riflessioni sul nostro mestiere

    Gli educatori hanno la responsabilità e i mezzi per contribuire alla lotta contro gli stereotipi di genere. Il primo passo è riflettere sulla nostra scelta di parole, azioni e interazione con i bambini. Ci aspettiamo gli stessi risultati da maschi e femmine? Ci assicuriamo che entrambi abbiano pari opportunità di apprendimento? Quante volte lodiamo una bambina perché ha un bel vestito e i bambini per come si arrampicano? Incoraggiamo le bambine a prendere parte in giochi fisici e i bimbi a giocare con le bambole? Ci accontentiamo che tutti giochino con attività di loro scelta o li incoraggiamo ad uscire dalla loro zona di comfort? Come possiamo assicurarci che le loro scelte siano basate su desideri reali e non dalle norme di genere che hanno assorbito?

    mettere in discussione gli stereotipi

    I bambini esprimono stereotipi di genere mentre giocano e interagiscono tra loro. “Il rosa è per le femmine” “I maschi non mettono la gonna!”. Chi di voi lavora con bambini piccoli, molto probabilmente ha sentito queste parole. Prima di tutto, consenti loro di esprimere le loro opinioni, ma non aver paura di metterli in discussione offrendo un punto di vista diverso. Inoltre, riconosci e loda i bambini che intraprendono attività che contrastano i soliti stereotipi di genere, come le bambine che giocano con costruzioni o i bambini si prendono cura degli altri. Offri loro una vasta gamma di visioni del mondo attraverso libri e conversazioni che ritraggono donne astronaute, medici o meccanici e uomini che si occupano dei bambini e della casa o che amano ballare. 

    Sei un educatore? Come affronti la questione degli stereotipi di genere in classe? Parliamone! 

  • La mente assorbente e il metodo Montessori

    La mente assorbente e il metodo Montessori

     

    La mente assorbente è un termine coniato da Maria Montessori per descrivere l’incredibile capacità dei bambini sotto ai sei anni di imparare. Maria Montessori è stata una delle prime scienziate ad osservare e studiare con attenzione questo periodo della vita. I suoi studi e, in seguito quelli delle neuroscienze, hanno dimostrato come la costruzione del cervello sia fortemente influenzato dalla qualità delle prime esperienze. Basti pensare che la mente dei bambini inizia il suo sviluppo grazie a più di un milione di connessioni neurali che si formano già nel primo anno di vita. Di questi, solo quelli usati di più sopravvivono mentre il resto andrà perduto. In questi primi anni, la plasticità e la capacità di cambiamento del cervello sono al culmine, mentre, con il passare degli anni, l’abilità di assorbire nuove informazioni diminuisce e rallenta.

    Che cosa è la mente assorbente

    Nei primi sei anni di vita, la mente dei bambini assorbe senza sforzo tutto ciò che l’ambiente ha da offrire. Durante i primi tre, il processo avviene in modo inconscio, mentre in seguito i bambini iniziano ad interagire in modo più consapevole. Pensiamo ad esempio al camminare. Gli adulti non hanno bisogno di insegnare attivamente ai bambini come alzarsi, stare in equilibro o mettere un piede davanti all’altro. Tuttavia, attraverso l’osservazione, l’imitazione e la pratica, i bambini imparano naturalmente a farlo. Fin dalla nascita, impegnano i loro sforzi nello sviluppare i muscoli, il senso dello spazio e la coordinazione necessari per un compito così complesso. Questa capacità di assorbire il mondo accompagna la mente dei bambini durante tutti i primi sei anni di vita.

    Come scriveva Montessori: “Possiamo ammirare un ambiente. Possiamo ricordare un ambiente, ma il bambino lo assorbe in se stesso. Non ricorda le cose che vede ma forma queste cose parte della sua psiche” M.M (2012).

    Le conoscenze che ora possediamo su come funzioni la mente dei bambini, ci permettono di supportare al meglio il loro sviluppo. Nei prossimi paragrafi vi racconto alcune caratteristiche essenziali della mente dei bambini nei primi sei anni tra cui.

    Imparare dall’ambiente

    Sapendo quanto il mondo esterno influenzi la mente assorbente dei bambini, è possibile creare le condizioni affinché possano svilupparsi positivamente. L’ambiente sostiene il loro sviluppo naturale quando risponde ai loro bisogni complessivi, tenendo a mente lo sviluppo olistico del bambino. In altre parole, i bambini hanno bisogno di adulti attenti ed emotivamente presenti, capaci di accettare la loro personalità unica, di guidarli con fermezza e gentilezza. La cosa migliore che un adulto possa fare è guidare dolcemente i bambini verso l’indipendenza e l’autorealizzazione

    Prendendo in considerazione i bambini nella loro interezza, il metodo Montessori supporta il loro sviluppo olistico, anche creando un ambiente fisico che risponde ai loro bisogni. 

    Imparare facendo

    I bambini imparano meglio attraverso l’interazione diretta con l’ambiente. Fino ai sei anni, la mente dei bambini non possiede l’abilità di pensare in astratto, ma ha bisogno di informazioni ancorate alla realtà. Attraverso i sensi, i bambini assorbono nuove informazioni che il cervello elabora per dare un senso al mondo. Per questo motivo, è importante preparare l’ambiente che li circonda con cura, tenendo a mente le loro inclinazioni e bisogni. Per esempio, dando ai bambini la possibilità di esplorare e trovare soluzioni da soli, gli adulti supportano la loro naturale curiosità e voglia di imparare. Sia la casa che l’ambiente esterno offrono naturalmente moltissime opportunità di sentire, toccare e annusare.

    la mente dei bambini

    I periodi sensitivi

    Il cervello dei bambini si sviluppa a velocità incredibile e lavora come una spugna per assorbire quante più abilità e informazioni possibili (da qui l’espressione coniata da Maria Montessori “la mente assorbente). Durante i sei anni, esistono delle finestre di tempo all’interno delle quali sono particolarmente propensi e capaci nell’raggiungere queste abilità. Se non vengono create le condizioni giuste, una volta chiuse queste finestre, sarà molto difficile raggiungere lo stesso livello. Pensiamo ad esempio al linguaggio: se un bambino non ha occasioni di interazione e non viene esposto ad alcun tipo di comunicazione, è praticamente impossibile che impari a comunicare dopo i sei anni. Se vuoi approfondire i periodi sensitivi, leggi quest’articolo.

    Il bisogno di movimento

    Come già accennato, l’approccio Montessoriano all’educazione è olistico, ovvero tiene conto di tutti gli aspetti della crescita del bambino. Lo sviluppo fisico, per esempio, è considerato tanto importante quanto quello della loro mente, ed è legato anche al loro benessere cognitivo, emotivo e personale. Soprattutto nei primi sei anni, il movimento è un bisogno primario e irrinunciabile, in quanto permette loro di esplorare attivamente l’ambiente, sviluppare forza fisica e fiducia nel proprio corpo. I bambini imparano muovendosi ed esplorando l’ambiente attraverso il loro corpo. 

    “C’è una forza vitale che porta ogni essere umano a compiere uno sforzo sempre maggiore per la realizzazione delle potenzialità. La nostra tendenza è realizzarle. La gioia e l’interesse arriveranno quando potremo realizzare le potenzialità che sono dentro di noi”

    M.M (2019)