Quanto volte ci siamo ritrovati a cercare di consolare un bambino in lacrime? Che si tratti di una caduta, un gioco rotto, un dolce negato o qualsiasi altro motivo che porti alle lacrime, le emozioni dei bambini spesso esplodono con grande intensità, lasciandoci in dubbio su come reagire. Il nostro istinto, ci porta a voler intervenire per far passare il loro dolore e farli sentire meglio il prima possibile. Se, da un lato, è normale intervenire per consolare i nostri bimbi in difficoltà, è importante riflettere sul modo in cui interagiamo, le nostre motivazioni reali e il linguaggio che utilizziamo. Consolare è una cosa, cercare, anche in maniera inconsapevole di reprimere le loro emozioni, è cosa ben diversa.
In questo articolo riflettiamo insieme su:
- Le frasi più comuni che utilizziamo quando un bambino piange e il loro reale significato
- Alcune frasi alternative che offrono supporto senza reprimere le emozioni che i bambini che provano
Le frasi più comuni e il loro significato
Il linguaggio e le parole che utilizziamo sono un mezzo potentissimo, eppure, senza nemmeno rendercene conto, utilizziamo spesso frasi che non ci appartengono e che ripetiamo solo per abitudine. E’ questo il caso dell’interazione con i bambini, che è spesso guidata da una forte dose di emotività e influenzata dal tipo di comunicazione che i nostri adulti importanti hanno utilizzato con noi quando eravamo bambini. Come ho già ripetuto diverse volte, l’approccio parentale Montessoriano, richiede una forte dose di umiltà, auto critica e capacità di riflessione da parte dell’adulto, a cominciare dalle parole scelte per comunicare con i bambini. Ricordiamo infatti, che nei primi sei anni i bambini assorbono senza filtro il mondo che li circonda, e le parole che utilizziamo vanno a diventare parte del loro essere.
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Vediamo quali sono le frasi spesso utilizzate per gestire le emozioni dei bambini e il loro significato.
Su, su non è niente
Una degli approcci più comuni usati dagli adulti, soprattutto quando un bambino si è fatto male, è di dirgli che non è successo nulla di grave e non ha motivo di piangere. Anche se l’intento è positivo, ovvero di calmare le emozioni che stanno provando in quel momento, in realtà si finisce per passare un messaggio molto diverso. “Non è niente” significa letteralmente “Stai piangendo per nessuna ragione”.
Pensiamoci bene, e ribaltiamo la situazione come se la conversazione stesse avvenendo tra due adulti. Siamo appena stati lasciati dal nostro partner e un amico cerca di consolarci dicendoci che non abbiamo motivo di piangere e che è tutto a posto. Vi farebbe piacere? Vi sarebbe d’aiuto? Anche quando la ragione del loro pianto è per noi non valida, è evidentemente sufficiente per loro e hanno diritto di lasciare andare quello che sentono.
Smettila di piangere
Riflettiamo un momento: per quale motivo davanti ad uno scoppio di emozioni reagiamo cercando di domarle e farle spegnere il prima possibile? Dietro al nostro “Smettila di piangere” si nasconde spesso una sensazione di disagio davanti ad espressioni intense di emozioni. Questa reazione istintiva il più delle volte si collega alla nostra infanzia e alle reazioni di fastidio o imbarazzo che gli adulti importanti hanno avuto nei nostri confronti. In qualche modo, ci è stato insegnato che esprimere ciò che proviamo, è sbagliato. Allo stesso modo, ora che tocca a noi, ripetiamo lo stesso comportamento perché è l’unico che abbiamo imparato.
Se vogliamo crescere una generazione di adulti che non ha vergogna nel farsi vedere vulnerabili, dobbiamo smettere di dire ai bambini di non piangere e lasciarli liberi di esprimersi nel modo in cui hanno bisogno.
calmati
Avevo la pessima abitudine di dire al mio compagno “Calmati” quando si arrabbiava per qualche motivo, ma ho smesso velocemente quando mi sono resa conto di quanto lo facesse infuriare. Se c’è, infatti una frase che non aiuta a calmarsi, è proprio questa. Il motivo per cui non è per niente utile, è che si tratta di un tentativo non tanto velato di controllare le emozione che l’altro sta provando. E la maggior parte di noi non ama sentirsi controllati o essere detti come dobbiamo sentirci.
Cosa dire e come comportarsi
Siamo quindi arrivati alla parte finale, in cui riflettiamo insieme sul come possiamo comportarci davanti al pianto dei nostri bambini. Prima ancora di interagire verbalmente, ricordati che le emozioni che il tuo bambino sta provando, sono esclusivamente sue e non tue. Sembra scontato, ma è facile farsi trascinare dalla tempesta e perdere noi la calma, proprio quando ne hanno più bisogno. Quindi ricorda, ripetilo come un mantra “La crisi è sua, non mia“. Fai un respiro profondo e, se puoi, cerca di non farti investire dal vulcano in eruzione che hai davanti. Ecco alcuni modi per approcciare queste situazioni senza reprimere ciò che stanno provando.
Mostrare empatia
Io credo che con adulti e bambini, l’empatia sia uno degli approcci più efficaci. Mostrare empatia nei loro confronti significa riconoscere quello che stanno provando e dargli un nome, per esempio dicendo “Sembri davvero arrabbiato” “Ti sei spaventato?”. Questo non solo li fa sentire ascoltati e capiti, ma li aiuta a comprendere le sensazioni che stanno provando. Nel lungo termine questo passaggio è fondamentale nel processo che porta ognuno di noi a gestire le nostre emozioni.
Rimanere neutrali
Un altro modo di interagire è descrivere semplicemente quanto accaduto, per esempio dicendo “Sei caduto e ti sei fatto male” oppure “Volevi restare al parco e sei molto deluso”. Anche questo approccio li fa sentire ascoltati, dimostrando che l’adulto comprende quello che sta accadendo. Come già anticipato, ci permette anche di dare un nome all’emozione che stanno provando, gettando le basi per una sana competenza emotiva.
Trovare una soluzione
L’ultima cosa che possiamo fare è aiutare il bambino a trovare una soluzione. Per esempio, se è caduto, potremmo chiedergli: “Cosa posso fare per farti sentire meglio? Vuoi un abbraccio?” Oppure, se il problema è un momento di frustrazione perchè non riesce a fare qualcosa, potremmo riconoscere la difficoltà e cercare di semplificare leggermente l’azione. As esempio, se non riesce a mettere le scarpe, potremmo tenerle aperte e ferme mentre lui-lei le indossa. Spostare la sua attenzione sulla soluzione aiuta il bambino a capire che possiamo provare tutte le emozioni del mondo e, allo stesso tempo, trovare un modo di risolvere quello che sta accadendo.
In conclusione
Infine ricordiamoci che non è il nostro compito di adulti risolvere tutti i problemi dei bambini. Possiamo offrire la nostra presenza, ascoltarli, consolarli, abbracciarli e aiutarli ad imparare a gestire le emozioni in maniera salutare. Le emozioni non sono né positive né negative, e sono inevitabili. La nostra reazione invece, può essere piano piano controllata. Tutti ci arrabbiamo, ma non tutti lanciamo gli oggetti per la casa o alziamo la voce con chi ci sta vicino. Tutti piangiamo, ma quando le lacrime sono finite, possiamo affrontare la situazione con mente lucida. Con qualche minima attenzione al linguaggio che utilizziamo, possiamo guidare i bambini nel navigare le loro emozioni e aiutarli a reagire in maniera sana ad ogni situazione.
Letture consigliate
Rossi, R. Montessori per i genitori (capitolo dedicato alle “Tempeste emotive”)
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